SRI RAM JAYA RAM JAYA JAYA RAM (x2)
SITA RAM SITA RAM SITA RAM SITA RAM (x2)
Il Rāmāyaṇa (il viaggio di Rama), insieme al Mahābhārata, è uno dei più grandi poemi epici della mitologia induista, ed uno dei testi sacri più importanti di questa tradizione religiosa e filosofica. Narra la storia di Rama, settima incarnazione (Avatara) di Viṣṇu, sovrano ideale e guerriero valoroso, e della sua sposa, Sita. Rama, o se preferite Visnu (il ricostruttore, uno dei tre componenti fondamentali della religione induista insieme a Bhrama il creatore e a Shiva il distruttore), è un altro degli eroi che per conquistare la sua bella se la deve vedere con l’arco.
All’inizio della storia il re Daśaratha onora gli dèi compiendo l’antico rito propiziatorio dell’ aśvamedha, il “sacrificio del cavallo”, al fine di assicurarsi una discendenza. Gli dèi, soddisfatti dell’offerta ricevuta, accettano la richiesta del vecchio re. Visnu si incarna nel grembo delle tre mogli di Daśaratha: la prima moglie dà alla luce Rāma, che in quanto primo figlio sarà principe ereditario del regno di Koshala. Ma alla morte del padre viene privato ingiustamente del diritto al trono e cacciato dalla capitale Ayodhya. Trascorrerà 14 anni in esilio, insieme alla moglie Sita ed al fratello Lakshmana, dapprima nei pressi della collina di Citrakuta, in seguito nella foresta Dandaka, popolata da molti demoni (Rakshasa). Lì Sita viene rapita dal crudele re dei demoni, Ravana, che la conduce nell’isola di Lanka. Rama e Lakshmana si alleano con i Vanara, potente popolo di uomini-scimmia, ed insieme ai guerrieri scimmia, tra i quali c’è il valoroso e fedele Hanuman, costruiscono un ponte che collega l’estremità meridionale dell’India con Lanka (oggi Sri Lanka). L’esercito affronta l’armata dei demoni, e Ravana viene ucciso in duello da Rama, che torna vittorioso, e viene incoronato re. Rama, per rispettare la legge e la tradizione, è costretto a ripudiare Sita, a causa del sospetto che abbia ceduto alle molestie di Ravana. Per dare prova della sua purezza, Sita accetta di sottoporsi alla prova del fuoco, ed esce indenne dalle fiamme.
La conclusione è scontata:
“Il valore di questo eroe merita il matrimonio.
Più cara a me della luce e della vita,
La mia Sita sarà moglie di Rama.”
La storia dell’arciere Rama è ancora oggi recitata durante un ciclo di feste che coincide con il passaggio dalla stagione umida alla stagione secca, nel mese di ottobre. La sua rilevanza è legata allo schema narrativo “perdita dell’amata – lotta per la riconquista”, presente in ogni tradizione culturale, la lotta del guerriero spirituale, incluso il dover dimostrare di avere una forza fuori dal comune riuscendo ad aprire un arco che solo un re o un capo può aprire, fino a spezzarlo in due. Rama è anche ritenuto una specie di protettore di chi insegna a tirare con l’arco, questa volta non nelle vesti di un principe bello e giovane, ma di un maestro barbuto e paziente.